Nei campi profughi Saharawi ci rechiamo dalla fine degli anni ’90. Da allora ad adesso vi sono stati molti cambiamenti, dal vivere cercando l’acqua agli attuali lavori per gli allacci idrici che in alcune Daira sono già attivi – e a cui anche noi abbiamo contribuito. C’è la luce portata dall’Algeria ed enormi paline tratteggiano il deserto, togliendogli la magia ma consegnando alle persone che vi vivono un po’ di benessere. Ci sono strade, le principali e di collegamento fra le Wilaya, asfaltate, ma tutto questo non migliora la situazione dei Saharawi che stanno subendo livelli di emergenza alimentare e sanitaria che non avevamo mai riscontrato. Molti profughi sono rientrati nei campi in Algeria, in fuga dai territori liberati dove svolgevano la pastorizia, a causa della resistenza che i Saharawi effettuano lungo i confini dei territori occupati illegalmente dal Marocco. I soldati ci raccontano che convivono ogni giorno, ogni notte, ogni attimo con i droni che colpiscono ogni elemento vivente, capaci di captare movimenti, fonia, calore. Aumentano gli orfani che incontriamo nelle attività dei sostegni a distanza a cui collaborano ormai oltre 170 persone e/o famiglie sostenendo circa 250 bambine e bambine saharawi .
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