di Federica Petti (due pagine dell’ononimo libro scritto a 16 anni)
.(…) Ci svegliamo prestissimo,
alle quattro e mezzo, saliamo in jeep e partiamo per il Muro, dove arriveremo tra circa due ore.
Durante il viaggio, ammiro il paesaggio e osservo le persone, si vede che soffrono..
“Roberta, non te l’ho mai chiesto; oltre ad un motivo territoriale, qual è effettivamente la vera ragione per cui il Marocco ha invaso le terre Saharawi?” chiedo.
“Ovviamente vi sono motivi economici: le risorse di fosfati e la pesca. Il 10% della produzione di fosfato del Marocco appartiene al popolo Saharawi mentre le zone delle acque Saharawi, comprendono uno dei banchi di pesca più ricchi dell’Africa e del Mondo. È necessario ricordare che il Diritto internazionale vieta ad una potenza di sfruttare le risorse naturali dei territori occupati illegalmente, ma, nonostante le proteste del popolo Saharawi, nessuno dice nulla lasciando agire il Marocco indisturbato.”
Qui vi sono pochissime strade asfaltate, Bachir è bravissimo a guidare nel deserto nonostante tutte le buche.
Oggi volevano cambiarci autista perché temevano che la vecchia jeep di Bachir non reggesse al viaggio ma non abbiamo voluto sentire ragioni: Bachir è uno di noi, ormai è parte integrante del nostro gruppetto!
Male male rimaniamo bloccati nel deserto, che problemi ci sono?!
“Would you like to listening to a Saharawi funny story?” ci chiede. Gli rispondiamo di sì, incuriositi.
“Very good!..”.
Siamo arrivati.. davanti a noi si estende un muro di sabbia sorvegliato da delle sentinelle Marocchine che ci divide dai territori occupati.
Che schifo.. ancora una volta è un muro a dividere popolazioni e per cosa poi? Per l’avidità di un sovrano cui unico interesse è quello di arricchire la sua persona.. già perché non pensiate che il popolo Marocchino stia tanto bene, anzi!
Nelle terre del Sahara occidentale, come anche in Palestina, vi sono due muri: il muro effettivo e quello rappresentato dal silenzio.
Nel suo libro, “Buskashì”, Gino Strada ha scritto:
“Basterà ricordare quelle storie (storie di persone morte durante la guerra, in quel caso Strada si riferisce a Jamila e Waseem, che hanno perso tre figli e una parte del corpo durante la guerra in Afghanistan) e mettere Anna al posto di Jamila e Mario invece di Waseem. Ciascuno di noi ha il suo Mario e la sua Anna, comunque si chiamino. Bisogna fare propria, rispettare l’esperienza degli altri, quello che stanno provando, non ignorarla perché riguarda “altri”.. Perché se uno di noi in questo momento sta soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti, ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi…”
“Attenta Ale! Ci sono delle mine antiuomo in terra; un anno fa un ragazzo ha perso entrambi gli arti..” mi dice Massimo.
Le mine sono alcune delle armi più vili poiché sono quelle che colpiscono in segreto, come lo stesso Gino Strada scrive a proposito delle bombe inesplose a Kabul: “ restano lì, ad aspettare che un gruppo di bambini ci passi accanto e incuriositi decidano di saperne di più, dell’ultimo gadget della civiltà, e magari cominciando a tastarlo con un piede..”
Odio le guerre! Perché ancora bisogna risolvere le cose con le guerre? Tanto alla fine sono sempre i civili a rimetterci, sia quelli vinti che quelli vincitori, che poi in realtà non vincono proprio un bel niente.. (….)
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